Boia chi molla gli ormeggi
Apr 25, 2023Nella realtà anti-storica e nella radice anti-giudaica e anti-cristiana e più genericamente anti-umana dell'attuale neofascismo di ritorno (pur non essendosene mai andato) c'è una sorta di vuoto pneumatico capace di non farsi intercettare, mai, neanche per una congiuntura astrale, da una connessione neurale di passaggio.
In questo grande contenitore di nulla c'è ovviamente un invidiabile po' di tutto: il nazionalismo da settimana enigmistica, la difesa dei confini con la matita rossa (anzi, nera), l'esaltazione delle tradizioni di nonna Speranza, la purezza della razza degli altri, il patriottismo della macchina blu di servizio (anzi, al servizio), l'eroismo dell'armiamoci e partite, il sovranismo dell'ignoranza che regna sovrana, la règia puntualità dei treni, ma soprattutto c'è la convenienza opportunistica di sostituire l'analisi della realtà con l'evidenza del nemico, un nemico anche estemporaneo e occasionale, con cui, per carità, può non esserci nulla di personale, ma comunque nemico necessario e strumentale all'esercizio del potere senza intralci, senza ritardi, senza la fastidiosa intransigenza delle regole democratiche.
Il problema non è politico
La storia è antica, ma la questione non è politica: lo sarebbe se ci fossero due idee, due strategie contrapposte su cui, legittimamente e democraticamente, noi elettori potessimo entrare in relazione per manifestare una scelta più o meno consapevole.
La questione sarebbe realmente politica se ci si limitasse a un sistema, per quanto strutturalmente inefficace, di schieramenti anche contrapposti in cui l'amministrazione del bene collettivo (che va dalla vita di tutti i giorni a scelte profonde che caratterizzano le transizioni generazionali) imponesse la scelta di strade da intraprendere e decisioni da prendere: strade e decisioni che, con piena legittimità, potrebbero essere tanto conservatrici quanto progressiste, ma teoricamente sempre inserite nelle regole del gioco del nostro impianto costituzionale.
Ma, appunto, non è un tema politico, senza esserlo probabilmente mai stato, nel momento in cui il neofascismo di oggi si sovrappone al fascismo di ieri negando fin nell'essenza più profonda i principi e i valori di base che consentono la sua stessa (sia chiaro, illegale e immorale) affermazione ed esistenza.
La negazione, poi, si esplicita anche e soprattutto nelle infinite sfumature delle contraddizioni più sgradevoli, e in questo senso si può ragionevolmente parlare di dimensioni anti-storica e anti-cristiana.
Parafrasando, non è il Papa a essere cristiano, sono i neofascisti a non poterlo essere.
E la storia, come sosteneva Benedetto Croce, è sempre storia contemporanea.
Eppure, il fascismo perdura in mezzo a noi: di razzismo e violenza è permeata la nostra società, e con essi anche chi aspira a un regime autoritario.
Il virus del fascismo
Sarà poi che l'esperienza del Covid è ancora fresca, ma la metafora sembra più di una provocazione: il virus, senza contromisure, si diffonde, dilaga, all'occorrenza muta, ma comunque non perdona e fa strage, soprattutto di chi pensa che, dopo tutto, non si tratti di nient'altro che un raffreddore.
Il virus del fascismo di oggi è certamente diverso da quello di ieri, e oggi il travestitismo populista produce derive incontrollate negli Stati Uniti (con la Destra alternativa) e in Italia (con Fratelli d'Italia), misere e stucchevoli etichette di facciata per la parvenza di discontinuità tra fascismi vecchi e nuovi.
D'altronde, lo stesso neofascismo della costituzione del Movimento Sociale Italiano (o M.S.I., pensato come rozzo acronimo del cognome Mussolini o, peggio, come revisionistico squallore di “Mussolini Sei Immortale”) è la certificazione incontestabile della linea nera continua che attraversa e alimenta, da sempre, l'ossatura del nostro Paese.
Ha scritto lo storico argentino Federico Finchelstein "Questi richiami ai fascismi non si rifanno esplicitamente a Hitler, a Mussolini o a Franco e la loro strategia è diversa: stabilire ponti con l'ideologia razzista del sovranismo populista, ponti che vanno in entrambe le direzioni, poiché i fascisti sono a volte normalizzati e persino giustificati dagli stessi populisti".
E ancora: "Fascisti e populisti condividono obiettivi comuni: promuovere la xenofobia senza trascurare la violenza politica, il nuovo populismo incorpora la violenza e la rende di nuovo alla moda".
78 anni dopo
Oggi, 25 aprile, celebriamo, e dovremmo farlo con un costante senso di gratitudine, una liberazione che nel corso del tempo ha inglobato i contorni dell'emancipazione e della libertà più esplicita e manifesta: emancipazione dal pensiero unico e dai trivi retaggi del passato, emancipazione e libertà non solo di fare, ma di essere una libera espressione tra altre libere espressioni del sé.
Emanuele Macaluso, prima di morire nel 2021 a 96 anni, ha raccontato a lungo la propria storia militante: "Avevo 13 anni, era il 1937, e divenni antifascista ancora prima d'essere comunista... anzi, divenni comunista proprio perché i comunisti erano i più organizzati tra gli antifascisti".
Un'incredibile cognizione di causa che oggi, proprio come il senso della celebrazione attuale, dovremmo tutti scolpire nella memoria: "Si sono persi per strada i caratteri fondamentali che l'antifascismo aveva dato alla nostra democrazia: tutta questa roba che circola oggi in Italia, che la avvelena e ci avvelena, nega la sostanza vera della democrazia repubblicana, antifascista e costituzionale".
E questo è forse quello che inquieta maggiormente: di sinistra o di destra, di posizioni progressiste o conservatrici, acuti o ottusi, con le idee chiare o particolarmente confuse, a nessuno di noi dovrebbe essere consentito di ignorare o mistificare la sovranità della storia antifascista che oggi permette a tutti, democraticamente, di esprimere anche l'idea più surreale e disancorata dalla realtà.
Il prezzo della democrazia
Ma questo è il vero prezzo della democrazia, il doloroso prezzo dell'eredità del 25 aprile 1945: permettere a tutti di portare il proprio (auto-determinato) vuoto pneumatico, la propria assenza di senso e di valore nella vita, a rappresentazione reale e tangibile nella società.
È improbabile intravedere un futuro ed è altrettanto difficile anche solo intuire uno scenario, per quanto distopico: d'altra parte, come scriveva Emily Dickinson "Non si chiude un abisso con l'aria".
Francesco Scura '23
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