Dire (solo) cose buone
Oct 21, 2023Oltre l'oppressione, oltre il sangue, un giornalista di Al Araby e un soldato dell'esercito israeliano rappresentano drammaticamente la realtà incancrenita di decenni di occupazione militare.
In un mondo dove l'oppressione e il sangue sono diventati elementi di una triste normalità, un giornalista e un militare si stagliano contro il cielo di Gaza, simboli viventi di una realtà segnata da decenni di occupazione violenta.
Due persone, due fronti contrapposti che incarnano le cicatrici profonde lasciate da decenni di conflitto tra la pseudo-democrazia occupante e il racconto di comodo dell'estremismo resistente.
La minaccia di una narrazione di comodo
Il reporter, Ahmed Darawsha, viene interrotto durante un collegamento in diretta da un agente di polizia israeliano armato che minaccia il corrispondente intimandogli di "dire cose buone".
Il reporter di Al Araby è testimone diretto degli eventi che possono susseguirsi con vertiginosa rapidità.
Durante un collegamento destinato a raggiungere gli occhi e le orecchie del mondo, viene bruscamente interrotto: un agente israeliano, armato e imponente, irrompe nella scena e, con tono minaccioso, esige che il corrispondente trasmetta un messaggio positivo, come se le parole potessero essere piegate alla volontà di chi detiene il potere della violenza e della coercizione.
Urla e minacce
Quando poi il militare si allontana, Darawsha afferma: "La polizia israeliana sta monitorando ciò che stiamo dicendo, sono venuti urlando e minacciando".
Il momento di tensione sembra dissolversi quando il militare si allontana, lasciando dietro di sé un'eco di minacce appena velate.
Il reporter, riprendendo il controllo della situazione, rivela ai suoi spettatori la pressione subita, le sue parole sono un grido silenzioso contro la censura, un appello alla libertà di stampa che non conosce confini.
La bandiera della connivenza
Riscrivere la storia, rielaborando il presente, è l'ennesimo campo di battaglia in cui si muore a Gaza mentre, sulle facciate di ogni municipio che espone la bandiera della connivenza, si seppelliscono dignità e rispetto.
Riscrivere la storia, rielaborando il presente, diventa così l'ennesimo campo di battaglia per i palestinesi di Gaza.
È una lotta (anche) per la narrazione, per il diritto di raccontare la propria versione dei fatti, per non lasciare che la verità venga sepolta sotto il peso dell'occupazione.
E mentre la vita continua, con la sua routine di resistenza e speranza, sulle facciate di ogni municipio che espone la bandiera dell'occupazione sionista, si seppelliscono non solo dignità e rispetto, ma anche le storie di chi ha vissuto, amato e sofferto in quella terra.
Francesco Scura '23
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