Matrice neofascista

bologna fascismo francesco scura licio gelli loggia p2 Aug 02, 2023
Morgana Production
Matrice neofascista
2:07
 

Si sono retti il gioco a vicenda, la presidente del consiglio e il ministro dell'interno della nostra Repubblica: erano in due, e avevano proprio due parole da associare alla commemorazione della strage di Bologna di 43 anni fa, 2 agosto 1980.

 

Avrebbero potuto fare anche a metà, una parola per uno.

Ma non c'è stato niente da fare, "matrice neofascista" è un'espressione ostica, indigeribile, quasi pericolosa per la matrice da picchiatori nostalgici, da delinquenti riverniciati di fresco di patina istituzionale: no, un governo neofascista non può riconoscere la paternità di 85 morti su una coscienza che si fa fatica a scorgere.

Dopo tre lunghissimi processi tra il 1987 e il 2020, senza contare quelli per i vari depistaggi, proprio nel 2020 (e a parte le condanne già inflitte nel corso del tempo per gli esecutori materiali), la Procura generale di Bologna ha indicato quattro nomi come mandanti, organizzatori o finanziatori della strage alla stazione di Bologna: Federico Umberto D'Amato (funzionario di polizia, questore e poi capo di U.A.R. - Ufficio Affari Riservati del Ministero dell'interno), Licio Gelli (maestro venerabile, cioè capo, della Loggia P2),  Umberto Ortolani (avvocato e banchiere) e Mario Tedeschi (giornalista e senatore del M.S.I. - Movimento Sociale Italiano).

Tutti e quattro prudentemente deceduti tra il 1993 e il 2015, ma tutti e quattro ben inseriti (anche) nel fascismo squadrista dell'epoca o nel post-fascismo delle trame di potere.

Storia e stigma giudiziario

Ma evidentemente non è abbastanza la storia, e non è sufficiente lo stigma giudiziario, perché l'attuale governo in carica definisca e riconosca la matrice neofascista della strage di 85 persone.

La premier e il ministro parlano di tutto, di terrorismo, di violenza, di ferocia, di ingiustizia e di coraggio, di verità e di tenacia, ma sembra il trailer di un film d'azione hollywoodiano, e pure di quelli brutti: il nemico è là fuori, ma è indistinto, vago, inafferrabile.

Inafferrabile proprio come quel neofascismo che ancora oggi, tra il disfacimento delle vittime e l'ignoranza dei vivi, è pericolosamente a capo di una Repubblica.

 

Francesco Scura '23

 

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