Morire a Gaza sotto un cielo di guerra

benjamin netanyahu francesco scura gaza israele palestina raji sourani Oct 11, 2023
Morgana Production
Morire a Gaza sotto un cielo di guerra
6:52
 

Immaginiamo di essere privati di tutto ciò che ci rende umani, e immaginiamo di sentire la frustrazione e la disperazione di chi vive in una prigione senza via d'uscita.

 

La cronaca e il reportage in questo caso sono solo i nuovi pretesti, forse addirittura superflui, dato che è tutto, ormai irrimediabilmente, tragedia presente e storicizzata nello stesso istante, in un hic et nunc che si auto-alimenta e si ripete all'infinito.

Un Paese che non esiste

Secondo le definizioni disponibili on line, la Palestina è un territorio geograficamente e politicamente incerto e variabile, storicamente soggetto alla discrezionalità altrui.

Non solo nel passaggio dall'Impero Ottomano all'amministrazione britannica, ma soprattutto nella suddivisione arbitraria (successiva alla fine della I Guerra Mondiale) dei territori tra il mandato francese in Siria e quello inglese nella Transgiordania, senza naturalmente escludere i Paesi arabi confinanti.

Pur in una storia lunga e complessa, e ancor prima delle date da celebrare con il popolo che sfila con le bandierine al vento, come quella del 14 maggio 1948, alcune pietre miliari storiche sono evidentemente esemplificative dei più che premeditati vizi strutturali e di forma di cui ancora oggi gli abitanti della Palestina pagano, e non sorprendentemente da sempre, il prezzo più alto.

Già nel 1917, infatti, il ministro degli esteri britannico, Arthur Balfour, espresse a nome della Gran Bretagna un'ampia disponibilità (culminata poi nella dichiarazione ufficiale che porta il suo nome) a Lionel Walter Rothschild per la creazione di uno Stato, o una più politicamente corretta "dimora nazionale per il popolo ebraico", in Palestina.

Quel Rothschild era non solo un banchiere e un politico, ma anche un rappresentante di spicco della comunità ebraica inglese e, soprattutto, referente principale del movimento sionista.

La proposta di Balfour, in ogni caso, scatenò polemiche e rivolte continue fino a quando fu ritirata nel 1939: come riportato sull'Enciclopedia Treccani "La Gran Bretagna ritirò il piano iniziale, impegnandosi a presentare un nuovo progetto per la creazione, entro 10 anni, di un unico Stato palestinese indipendente che garantisse gli interessi essenziali di entrambe le comunità".

Storicizzare, o semplicemente rileggere oggi, le ultime righe qualifica incontestabilmente le responsabilità e l'ondivaga definizione di terrorismo.

Decenni di occupazione terroristica

Secondo la stessa enciclopedia on line già citata, le prime parole utili per la definizione del terrorismo sono "L'uso di violenza illegittima", cioè esattamente quello che Israele perpetra da decenni.

Ma la definizione prosegue: "L'uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne l'ordine", cioè, di nuovo, proprio quello che Israele mette in atto da decenni con il pieno avallo e l'inarrestabile sostegno economico-militare delle (e nelle) più torbide collusioni occidentali.

A queste condizioni, provare a difendersi non è, e non può essere mai definito, un atto di terrorismo.

Negazione premeditata dei diritti fondamentali

Ancora oggi, i diritti fondamentali sono negati: la libertà, la sussistenza, l'emancipazione.

Immaginiamo nuovamente di vivere in una prigione a cielo aperto, senza possibilità di scelta o di miglioramento della situazione, immaginiamo ancora la frustrazione e la disperazione che covano e crescono di giorno in giorno di fronte alla mancanza di speranza e di possibilità di cambiamento.

L'oppressione e la mancanza di libertà portano alla disumanizzazione e alla perdita di speranza per il futuro: mentre la popolazione civile di Gaza è sotto i bombardamenti israeliani, Raji Sourani (avvocato palestinese e direttore del Palestinian Centre for Human Rights) ha dichiarato "Ovviamente quello che è accaduto il 7 ottobre è orribile... ma se tu sei un cittadino di Gaza e non puoi viaggiare, non puoi lavorare, non puoi avere cittadinanza e sei costretto tra muri... e se sei stato vittima di bombardamenti e hai perso la famiglia, e non hai lavoro, non hai futuro, e sei soggetto a umiliazione e oppressione per nulla di sbagliato che hai fatto... come ci si può aspettare che tu sia per sempre «una buona vittima»?".

Ipocrisia israeliana, criminalità sionista

Continua Sourani: "La situazione a Gaza è drammatica, siamo scollegati dal mondo, la disoccupazione è al 75%, l'85% dipendono da U.N.R.W.A. - United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East e W.F.P. - World Food Programme: ci hanno portato a essere un Paese di mendicanti, nonostante la percentuale di laureati sia altissima, viviamo nel Medioevo".

Ridurre con la coercizione una popolazione a un Paese di mendicanti è un'altra evidenza della strategia politico-militare (e terroristica, secondo la definizione enciclopedica già riportata) attuata dalla destra di governo in Israele: "La nostra acqua non è potabile, non c'è elettricità, non possiamo fare nulla per noi stessi, non abbiamo giustizia, non c'è dignità, ed è intollerabile... è certo, e fuori da ogni dubbio, che ogni azione contro i civili va condannata nel modo più fermo, ma invito a non essere selettivi, non ci sono solo i civili israeliani, anche noi siamo civili: io sono un civile, mia moglie lo è, anche i miei figli lo sono, e i miei colleghi, i miei amici, i miei vicini... ci confrontiamo con la morte ogni secondo e siamo terrorizzati".

Instillare e provocare il terrore nella popolazione, e mantenerlo per decenni come una componente strutturale e ineliminabile è strategico e funzionale in ogni dinamica terroristica, e Israele non fa altro che replicare l'applicazione del terrore già storicamente dimostrata in ogni parte del mondo.

Sourani prosegue: "Nessuno può lasciare Gaza: ho ascoltato Benjamin Netanyahu con molta attenzione, ma dove possiamo andare? Le nostre famiglie abitano qui da sempre, non ce ne andremo anche se ci massacreranno, non siamo criminali e non possiamo essere trattati come tali, ma sappiamo anche che loro non minacciano, agiscono... lo abbiamo visto in numerose circostanze, sappiamo che ci massacreranno".

Lo strapotere del genocidio

Ormai troppi anni fa, Shimon Peres affermò: "Nel 1896, quando Theodor Herzl, l'ideatore del sionismo, coniò lo slogan «un popolo senza una terra va a una terra senza un popolo», su quella terra un popolo c'era già, gli Arabi... e, per mondarci dal peccato, noi ebrei abbiamo soltanto una strada: dare loro uno Stato".

Nelle immagini di ieri mattina (di Hassan Aslíh, fotografo e giornalista palestinese), quel che resta del quartiere di Al-Rimal nel centro della Striscia di Gaza.

Tra i morti e le macerie, osservando con attenzione e in profondità, si intravedono anche il diritto di auto-determinarsi di uno Stato genocida e il favoreggiamento complice della comunità internazionale.

 

Francesco Scura '23

 

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